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Metodologie di vendita. Sì, ma il mio settore è diverso.
Chi ha avuto occasione di confrontarsi su metodologie e dinamiche di vendita con venditori che operano in settori diversi, potrà testimoniare che, indipendentemente dall’esperienza della persona, spesso, dopo alcune riflessioni sulla necessità di strutturare meglio le vendite molti concludono con la frase: ”Sì è vero, ma il mio settore è diverso!” per sottolineare che le metodologie funzionano in linea di massima ma non sono applicabili al loro settore specifico. Una dichiarazione isolata potrebbe far pensare che in effetti sia così; probabilmente la “teoria” della vendita della quale stiamo parlando non si adatta al settore specifico del nostro interlocutore. La statistica dice però un’altra cosa. Chi, per la propria professione, incontra un gran numero di venditori di settori diversi, può facilmente testimoniare che una frase simile viene citata con una frequenza notevole, indipendentemente dal settore di appartenenza dei venditori. E’ opinione diffusa che le leggi fondamentali della vendita valgano quasi sempre ma, per il proprio settore, valgano un po’ meno. Credo che questo approccio comporti alcuni svantaggi che un venditore dovrebbe evitare. Ritenere che le vendite del proprio settore siano regolate da dinamiche completamente diverse rispetto ad altri settori, porta l’attenzione su aspetti che sfuggono al controllo del venditore quali, ad esempio: i clienti che non apprezzano il nostro valore ma cercano solo il prodotto al prezzo più basso, i concorrenti che ingaggiano la guerra dei prezzi non avendo da offrire la nostra stessa qualità, la legislazione che impone regole specifiche, e così via. In questo modo il venditore pare che abbia poche leve per condurre la trattativa; e non avere la possibilità di influire significativamente sulle dinamiche di gestione di un’opportunità di vendita limita in modo pericoloso l’attività rendendola passiva e reattiva: terreno improbabile per un professionista della vendita. Un altro punto critico è rappresentato dal fatto che questo modo di pensare porta ad uniformarsi alla concorrenza e a non trovare differenziatori forti per contrastarla. Il cliente percepirà sia noi che i nostri concorrenti in modo molto simile e, più facilmente, baserà la propria scelta sull’unico differenziale evidente: il prezzo. Le dinamiche fondamentali che regolano le vendite sono le stesse in tutti i settori. E’ vero che ogni settore ha le proprie particolarità e i venditori eccellenti sono quelli che, nel proprio ambito, le sanno interpretare al meglio. E’ giusto riconoscere le differenze ma questo non ci deve relegare ad uno stato di “rassegnazione” nel quale pare sia inutile cercare approcci che possano aiutarci a concludere, con successo, le nostre vendite.
Un esercizio utile per uscire da questo “corto circuito” è quello di individuare chiaramente quali siano le variabili fondamentali delle nostre vendite come, ad esempio: il numero di interlocutori, il tempo medio di una vendita, i differenziatori forti e quelli deboli, la facilità ad accedere agli interlocutori, la struttura del processo di acquisto, e così via. Con queste informazioni potremmo incontrarci con uno o più venditori di altri settori e confrontare i rispettivi approcci e dinamiche. Questo esercizio ci può fornire subito due indicazioni utili. La prima è relativa a quali siano le dinamiche di vendita valide, indipendentemente dal settore nel quale si opera. La seconda riguarda tutti gli spunti utili, provenienti da venditori che affrontano una clientela diversa dalla nostra, che ci consentono di arricchire e innovare l’approccio ai nostri clienti abituali. Il confronto ci permette di uscire dalla nostra “zona di sicurezza” che spesso limita la nostra capacità di interpretare al meglio il nostro ruolo di professionisti della vendita.
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“Sales Transformation” …tra il dire e il fare…
Oggi credo che pochi non abbiano ancora capito, se non sperimentato direttamente, che la vendita non sia solo la “conseguenza” dell’offrire un buon prodotto al cliente, ma coinvolga altre leve fondamentali, fino ad oggi poco considerate. Si parla infatti di “Sales Transformation” facendo riferimento a tutte quelle competenze necessarie per raggiungere i risultati strategici e operativi desiderati; mi riferisco a: processi di vendita, sales management, infrastruttura tecnologica (CRM e SFA), coinvolgimento del top management, Forecasting, Key Account Management e così via. Poche settimane fa ho avuto l’occasione di parlare di processi vendita nell’ambito di un evento di due giorni rivolto al mondo industriale. L’evento in questione è TECO, che si sta affermando come il punto di riferimento per le aziende del comparto della meccatronica, dell’automazione e della trasmissione di potenza (www.tecomeeting.it). Il mio intervento, di una ventina di minuti, era intitolato: “Il processo di vendita come leva strategica”. Ci saranno state una cinquantina di persone di cui, per alzata di mano, circa la metà con responsabilità sulle vendite. Il punto d’attenzione dell’intervento verteva sul fatto che molte aziende del settore industriale implementano giustamente processi strutturati in aree specifiche quali la produzione o la logistica mentre, per quanto riguarda le vendite, non esiste, a livello generale, un’attenzione specifica nel considerarla un’attività che si possa strutturare in modo consistente. Questo è un quadro noto da tempo a chi si occupa di vendita professionale e sales management.
L’aspetto che voglio sottolineare però è un altro.
Durante la presentazione ho colto alcuni segni di approvazione; da deboli, tipo annuire come per dire: “E’ proprio vero, succede anche da noi”, a forti, con interventi diretti nei quali si afferma la necessità di rivedere totalmente l’approccio al cliente. Questo succede regolarmente sia in ogni intervento di questo tipo, sia durante i workshop svolti in azienda con la forza vendita al completo. Qual è la nota “stonata” in tutto ciò? La stonatura è che pur essendoci una sensibilità condivisa sul tema della vendita strutturata e, aggiungo, anche una notevole conoscenza di quali siano gli aspetti critici, in pochissimi passano dall’idea all’azione. Cosa frena un Sales Director o un imprenditore nell’individuare un processo sistematico e consistente che permetta di controllare le vendite in modo efficace? Le ragioni possono essere diverse ma ritengo che il motivo più comune sia questo: non aver chiaro cosa fare e come farlo e, dato che il tempo a disposizione è sempre poco, non agire.
Cosa potrebbe fare un Sales Leader che volesse rivedere e migliorare la modalità di approccio e gestione del cliente? Senza alcuna pretesa di sistematicità e/o completezza, data la portata del tema, proviamo ad individuare qualche spunto utile.
Creare un “team” per gestire un progetto di “Sales Transformation”
Il Sales Leader è colui che ha la responsabilità di portare i risultati di vendita e ha l’autorevolezza per cambiare “qualcosa” in azienda a livello di vendite. Il Sales Leader avrà il compito di organizzare un gruppo di lavoro (2/3 persone) che gestirà l’intero progetto di “Sales Transformation”.
Creare in azienda la consapevolezza che la vendita è un processo strutturato
Il primo passo del team è creare la consapevolezza in azienda che la vendita è un processo strutturato e non un’attività costruita su “episodi”. Questa consapevolezza deve essere evidente a tutta la catena del management dall’Amministratore Delegato ai venditori junior. Questa fase può essere gestita con incontri mirati e workshop brevi.
Verificare lo stato attuale della propria attività di vendita
Prima di iniziare a ridefinire il proprio processo di vendita è utile fare una fotografia dello stato attuale. Per fare questo si possono sottoporre alcune domande mirate a tutte le persone coinvolte nella vendita, in modo da avere un quadro chiaro di come sia percepita l’attività commerciale in azienda.
Definire gli obiettivi a 12 mesi e a 24 mesi
Verificato lo stato attuale, il team può definire quali siano i risultati desiderati dal processo di vendita nell’arco dei 12 mesi e dei 24 mesi. Dato che l’obiettivo è la creazione di un processo, è fondamentale definire quali siano i parametri con i quali possa essere controllato ed eventualmente modificato.
Identificare due aree sulle quali intervenire immediatamente
Una volta definiti gli obiettivi e le linee guida, è importante individuare due temi sui quali intervenire immediatamente. Questo creerà coinvolgimento e operatività fornendo il giusto “ritmo” all’andamento del progetto.
Creare una “roadmap” che permetta di specificare quali saranno i passi intermedi da raggiungere e quali strumenti e servizi saranno necessari
Il cammino per raggiungere gli obiettivi prefissati è impegnativo. E’ necessario mantenere sempre la giusta attenzione e il massimo impegno. Senza una “roadmap” che guidi l’intero processo, il progetto rischia di naufragare in breve tempo.
Ottenere il coinvolgimento di tutti i livelli aziendali
Il coinvolgimento di tutta l’azienda è fondamentale per il successo di un progetto di questo tipo. E’ importante che siano coinvolti tutti i livelli aziendali e non solo le persone direttamente interessate.
Comunicare
Per la riuscita del progetto la comunicazione svolge un ruolo fondamentale. Le persone in azienda devono “percepire” che si sta lavorando con impegno nel migliorare l’approccio al cliente. I venditori, ad esempio, devono sapere che acquisiranno nuove competenze, quando e come lo faranno e cosa succederà successivamente alle giornate di training. Occorre anche comunicare le attività e i risultati intermedi raggiunti.
Fare
Il problema spesso è che le idee rimangono sulla carta. Quando si parla di progetti poi è facile stendere documenti che rimangono solo ottime indicazioni. Non è necessario creare progetti oltre la portata dell’azienda. Meglio qualche idea chiara che possa essere realizzata in tempi accettabili e dia il giusto ritmo alle attività successive.
Queste sono indicazioni di base per avviare “in proprio” una revisione del processo di vendita e un progetto di Sales Transformation. E’ un’attività impegnativa e necessita di un alto grado di coinvolgimento. Gli sforzi profusi nell’attivare un processo di questo tipo sono ripagati però dal creare un valore aziendale rappresentato da una modalità di approccio al cliente consapevole e consistente in un mercato sempre più variabile e mutevole.
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“Modellare” i comportamenti di vendita che portano al successo
Alla fine dello scorso anno sono stati pubblicati i risultati della ricerca MHI Sales Best Practices condotta annualmente dal Miller Heiman Research Institute. L’obiettivo della ricerca è individuare quali siano i comportamenti positivi che caratterizzano le aziende che ottengono risultati di vendita eccellenti. Alcuni parametri di indagine sono, ad esempio: il numero delle opportunità di vendita qualificate, l’acquisizione di nuovi clienti, il fatturato medio per cliente, la crescita del numero di clienti rispetto all’anno precedente, il raggiungimento delle quote di vendita, l’esattezza delle previsioni, …
Lo studio è suddiviso in aree tematiche principali che identificano con chiarezza il campo d’azione delle strategie più adeguate per raggiungere un livello di vendita eccellente, sia quantitativo che qualitativo. Le aree tematiche sono:
- Generare opportunità di vendita: selezionare potenziali nuovi clienti e riuscire a contattarli, individuando le loro esigenze e qualificando le possibili opportunità di vendita.
- Gestire le opportunità di vendita: definire e attuare una strategia adeguata per le opportunità di vendita individuate e gestire il processo di vendita fino alla conclusione.
- Gestire le relazioni con i clienti: individuare, gestire e sviluppare i clienti strategici.
- Le persone e l’azienda: organizzare, reclutare, sviluppare e gestire una forza vendita efficace.
- La gestione operativa e le competenze: mettere a disposizione infrastrutture e programmi al fine di aumentare l’efficienza della forza vendita.
- Gestione della “execution”: orientamento uniforme dell’azienda all’interpretazione e alla gestione dei risultati per promuovere i comportamenti positivi essenziali per il successo.
Una delle riflessioni principali che nasce dalla lettura dello studio è relativa alla capacità di alcune organizzazioni di “modellare” i comportamenti positivi che portano al successo. Molte organizzazioni sono composte da persone notevoli, capaci e con idee brillanti, possiedono i mezzi tecnologici e organizzativi per poter eccellere, ma non riescono nel loro proposito. Cosa manca loro? Probabilmente manca la capacità di individuare, modellare e replicare i comportamenti positivi. Questa capacità è uno degli aspetti che caratterizzano l’eccellenza. Spesso ci si basa su caratteristiche individuali senza riuscire a replicarne l’efficacia su altre persone; l’approccio ad un potenziale cliente è guidato spesso da un processo sommario e poco strutturato e, quel che è peggio, quando lo si cerca di strutturare lo si “ingessa” e lo si automatizza eccessivamente producendo risultati sotto le aspettative.
Cosa si può fare? Una ricetta per tutte le situazioni non esiste; ognuno deve crearsi la propria. Si può prendere spunto dallo studio MHI sulle Sales Best Practices per individuare alcune aree sulle quali concentrare l’attenzione e verificare come la nostra azienda si comporta in ogni area. Ad esempio, si può coinvolgere il team di vendita per individuare “cosa funziona” e “cosa non funziona” per definire quali siano i comportamenti che, più facilmente, ci portano al successo. L’esito di questa semplice attività può riservare risultati inaspettati e positivi; individuare un’ora o due durante un sales meeting per un esercizio di questo tipo crea coinvolgimento, riflessioni e idee sulle quali lavorare per iniziare a creare un processo di vendita molto più consapevole ed efficace.
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Sappiamo valutare quanto progrediscano le opportunità di vendita ?
Nel mondo delle vendite complesse B2B ogni vendita implica molteplici interazioni con diversi interlocutori. Alcune interazioni hanno una natura operativa, in quanto necessarie per la gestione dell’opportunità di vendita, mentre altre sono più strategiche e permettono di far progredire la vendita verso un epilogo positivo.
I meeting con uno o più interlocutori sono le interazioni che ci consentono sia di apprendere di più sul contesto del cliente, sia di allinearci a lui con la nostra proposta.
Un aspetto che emerge spesso dalle discussioni con i venditori riguarda la capacità di capire se una trattativa stia progredendo oppure no. Ognuno ha i propri parametri, principalmente dettati dell’esperienza: da quelli più oggettivi sul comportamento dell’interlocutore a quelli basati su “sensazioni positive” che suggeriscono un epilogo positivo per il venditore.
Quali sono quindi i “segnali” che ci indicano quando una vendita stia progredendo?
Una riflessione utile è quella di pensare alle vendite passate che si sono concluse positivamente per noi. Quale tratto caratteristico le accomuna? Quasi sempre, in quelle situazioni, l’interlocutore non ha solo “detto” qualcosa che ci ha dato l’impressione che la trattativa progredisse, ma ha “fatto” qualcosa che facesse progredire realmente la vendita. Può averci introdotto presso un nuovo interlocutore, magari con un potere decisionale maggiore, può aver fornito prontamente un feedback un merito ad un prodotto che ha provato, ci può aver fornito informazioni critiche per noi determinanti: in ogni caso ha “fatto” qualcosa di concreto.
Se analizziamo le trattative che non si sono concluse positivamente per noi vediamo che gli interlocutori non hanno “agito” per far progredire la trattativa. Magari ci hanno inviato messaggi positivi e incoraggianti, o noi li abbiamo intesi come tali, ma non hanno compiuto alcuna azione concreta.
Cosa possiamo fare quindi per avere il polso della situazione su una vendita specifica?
Possiamo valutare cosa gli interlocutori facciano realmente; ciò che fanno deve costare loro qualcosa in termini di risorse e di impegno.
Questo è un metodo efficace per valutare due cose:
- la prima, come abbiamo detto, è il grado di avanzamento della vendita
- la seconda è la valutazione dell’interlocutore dal punto di vista del suo potere e coinvolgimento nella vendita.
Cosa possiamo fare per far sì che l’interlocutore compia un’azione che ci permetta di chiarire questi due aspetti?
Dobbiamo chiederlo. Ogni meeting con un interlocutore si deve concludere con la richiesta di un suo impegno nel fare qualcosa, ovviamente utile per far progredire la vendita e allineato al suo livello di autorità.
E se l’interlocutore non fa nulla?
Questo è un indice di come “realmente” sta procedendo la vendita e del livello di autorità o di coinvolgimento dell’interlocutore. Ci consente, almeno, di aumentare la nostra consapevolezza sulla quella vendita in modo da poter individuare strategie alternative prima che sia troppo tardi.
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La vendita come processo: liberi di fare o liberi di “poter” fare?
Spesso i venditori hanno idee contrastanti in merito a processi e metodologie di vendita. Chi opera in aziende che hanno implementato processi di vendita strutturati ne riconosce l’efficacia e, probabilmente, non potrebbe lavorare diversamente; altri, invece, sono restii a riconoscerne la validità perché pensano che un processo di vendita strutturato “limiti” la capacità di analisi, la creatività e le qualità individuali del venditore. Credo che quest’ultima visione nasca da un’interpretazione restrittiva e limitante del significato di processo. Nelle vendite, come in tutte le altre attività aziendali, si devono raggiungere degli obiettivi grazie ad una serie di attività pianificate con attenzione che lascino, ovviamente, la possibilità di gestire imprevisti o di cogliere opportunità. Se, ad esempio, la produzione di un’azienda è pianificata in base alle previsioni di vendita e, per un fattore contingente, si palesa l’opportunità di vendere una quantità decisamente superiore di merce, si tenterà di cogliere l’opportunità modificando il programma di produzione, per quanto possibile, in modo da rispondere con efficacia alla richiesta. Ovviamente si considereranno tutti gli aspetti critici per evitare un collasso del sistema produttivo o qualche altro problema serio. Si può agire in questo modo perché è in essere un “processo” produttivo che può essere controllato, gestito e quindi variato consapevolmente per ottenere la massima efficacia.
Nelle aziende dove le vendite sono governate esclusivamente dalle individualità e non da un processo condiviso dal team, i risultati di vendita sono definiti dalla somma dell’apporto di ogni venditore, senza poter prevedere come l’intero team di vendita possa essere più efficace e sfruttare al meglio tutte le opportunità a disposizione.
I punti deboli di questo approccio sono diversi: la difficoltà di condividere le competenze tra le persone, la scarsa efficacia nel gestire le vendite in team, la differenza sostanziale nella valutazione delle previsioni di vendita, la difficoltà nell’individuare quali siano le aree di miglioramento, la difficoltà di individuare benchmark di riferimento, solo per citarne alcuni.
La definizione di un processo condiviso per creare e gestire le opportunità di vendita consente invece di ottenere benefici notevoli come, ad esempio: maggior semplicità nel raccogliere e condividere le best practice, maggiore efficacia nella gestione in team di trattative complesse, accuratezza delle previsioni di vendita perché basate su un processo e su dati oggettivi e non su sensazioni e parametri individuali.
Come accennato all’inizio alcuni venditori attribuiscono a questo approccio la valenza negativa di uniformare l’approccio alla vendita e renderla meno creativa. Questa visione nasce, a mio avviso, da un’incomprensione di fondo. Prendiamo ad esempio il processo di gestione di una opportunità di vendita. E’ un processo che definisce la piattaforma organizzativa, i metodi, le risorse e le attività grazie a cui si gestisce una vendita, dalla creazione alla chiusura. Fondamentalmente permette a chiunque di sapere quali siano i punti di attenzione, di capire il processo di acquisto del cliente, di posizionarsi correttamente in base alla fase nella quale si trova l’opportunità dove il “chiunque” è ogni venditore del team di vendita, nessuno escluso. Qual è il vantaggio in questo caso? Che ognuno sia consapevole cosa deve essere fatto e quali siano i punti critici da tenere presenti per evitare di spendere tempo su opportunità mediocri e potersi quindi concentrare su quelle che, oggettivamente, presentano una probabilità di successo maggiore. In poche parole il processo deve aiutare a creare consapevolezza di ciò che si sta facendo e di come si stanno impiegando le risorse. Questo significa togliere creatività e individualità alla vendita? Niente affatto. L’individualità, la capacità del venditore “senior” e l’intuizione del “top performer” rimangono intatte e si manifestano nel “come” viene gestito il processo. Sapere “cosa” devo fare, e leggere oggettivamente le informazioni a mia disposizione, è un aspetto importante del processo; un altro aspetto però è aggiungere qualità alle mie azioni, avere la sensibilità per capire chi ho di fronte, porre domande che inducano il cliente a ritenere di essere di fronte ad un professionista di alto livello e non ad un venditore di prodotti a catalogo.
Un processo, invece di limitare, offre più libertà sia al professionista navigato che al venditore con meno esperienza. Al primo offre una piattaforma per affermare la propria eccellenza e gli consente di contribuire significativamente al miglioramento e all’implementazione della metodologia, al secondo offre la libertà di “poter affrontare” vendite impegnative, avendo la sicurezza di potersi muovere con la consapevolezza di sapere quali debbano essere le azioni da fare e quali siano i punti di attenzione da considerare, sapendo che, quando si rendesse necessario, potrebbe chiedere supporto al sales manager o ai colleghi con più esperienza “sul campo”, illustrando loro, con chiarezza ed in modo oggettivo, lo stato dell’opportunità.