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Le vendite complesse nel mondo industriale
La vendita complessa B2B è un “mondo” affascinante. E’ un mondo perché moltissimi sono gli elementi che compongono la competenza relativa a questo tipo di vendita; è affascinante perché ogni aspetto, da quello strategico alla singola azione, offre una molteplicità di punti di osservazione tale che in questo caso si può spendere, senza retorica, l’abusato “c’è sempre da imparare”.
Lavorando principalmente con aziende che operano nel settore industriale, e nel “manufacturing” in particolare, ho raccolto alcuni elementi che caratterizzano queste organizzazioni e che influiscono, in qualche modo, sul loro approccio alla vendita.
L’aspetto più evidente è relativo alla matrice tecnica. La loro attività si basa molto su prodotti e servizi di natura tecnologica e, ovviamente, tali aziende sono orientate ad investire le principali risorse in questa direzione. Da ciò derivano un paio di considerazioni relative all’area vendite. La prima è che il team commerciale è composto, prevalentemente, da “tecnici” e, trattando una materia complessa, la preparazione tecnica sui prodotti è fondamentale. Ciò però comporta il fatto che spesso la matrice tecnica abbia il sopravvento durante l’azione di vendita e il venditore si affidi principalmente alla bontà tecnica del prodotto non ricercando altri differenziatori. Oggi le aziende sono ben posizionate sul mercato e facilmente i concorrenti hanno lo stesso livello di qualità tecnica: affidarsi esclusivamente al prodotto è molto rischioso. E’ opportuno quindi che il team di vendita, pur mantenendo la propria competenza tecnica, sviluppi un approccio commerciale che possa renderlo più efficace, anche nelle situazioni più critiche. La seconda considerazione riguarda il contesto nel quale la soluzione tecnica si inserisce. Quasi sempre un sistema o un servizio devono dialogare, interfacciarsi, convivere e integrarsi in un contesto di sistemi e processi preesistente. La conoscenza specifica del contesto permette di identificare fattori che possano creare una “leva” per differenziarsi rispetto alla concorrenza e per rispondere meglio alle esigenze del cliente.
Per quanto riguarda l’area marketing una considerazione è realtiva al numero dei clienti potenziali a disposizione di chi lavora nel mercato industriale. Solitamente il numero di clienti potenziali è nell’ordine di alcune centinaia o forse migliaia. Siamo molto distanti dalle numeriche presenti nel B2C. Per questo motivo le attività di marketing hanno più efficacia quando sono molto specifiche su “cluster” ad hoc di clienti potenziali. Non considerare questo aspetto può causare un dispendio inutile di risorse. E’ preferibile spendere più tempo e ricerche nel definire i “cluster” con precisione, che buttarsi a capofitto nel realizzare campagne poco specifiche, indirizzate ad un target più generico. Definire con chiarezza, in anticipo, chi siano i clienti target aiuta sia il marketing nella costruzione delle campagne e sia le vendite nel gestire meglio l’attività di prospecting. Un’ultima considerazione, che riguarda sempre l’area marketing, mi preme farla in merito agli eventi e alle fiere. Una parte cospicua del budget di marketing delle aziende “manufacturing” è dedicata alla partecipazione a fiere ed eventi. Mentre è ormai molto chiaro come organizzare la partecipazione ad un evento, e su questo gli specialisti del marketing ci lavorano da anni, meno chiaro è come sfruttare l’evento dal punto di vista della vendita. Ciò significa interrogarsi su come utilizzare gli eventi per offrire ai venditori un effetto “leva”, non solo considerando l’evento puntuale, ma considerando un evento “esteso” nel tempo che supporti il venditore in una azione strutturata di prospecting. Gli eventi, siano fiere, open house o seminari, hanno molto di più da offrire che non una lista di visitatori ed alcuni “hot lead”.
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Social Selling: è nulla senza Enablement
Social Selling : è nulla senza Enablement. Due discipline che devono essere impiegate insieme per garantire il successo della vostra azione di vendita.
Nei nostri incontri di introduzione al social selling in azienda tracciamo una visione a tutto tondo di quello che significa inserire il social selling e come questa nuova disciplina di vendita debba essere integrata alle tradizionali attività della forza commerciale in collaborazione con tutti gli altri reparti aziendali, primi fra tutti il management ed il marketing.
Nel fare questo poniamo una attenzione particolare alla necessità di avviare una azione di sales enablement che sia in grado di favorire e sostenere l’azione di social selling.
Parlare di sales enablement e spiegarne il ruolo e l’importanza per l’azienda sembra essere però un valore percepito con sufficienza.
Quando evidenziamo che il successo di una azione di social selling è fortemente legato alla sostenibilità di una equivalente azione di sales enablement, capace di coinvolgere tutti i comparti aziendali dal management al magazziniere, la percezione è quella di esprimere considerazioni scontate, di rito, didattiche, che tutti sentono come ovvie.
La differenza tra il successo e l’insuccesso per un progetto di social selling in azienda sta proprio nel trasformare queste ovvietà, quotidianamente, in azioni e compiti che ogni reparto aziendale sa come svolgere e realizzare ed è fortemente motivato e incentivato a perseguire.
Anche questa considerazione sembra una ovvietà ma non lo è se calata nelle strutture aziendali ove le collaborazioni non sono poi sempre così semplici da realizzare.
Abilitare una mentalità di competence & collaboration sharing, condividere e collaborare ad ogni livello, in azienda è uno dei valori più difficili ma premianti che ogni manager desidera veder realizzato.
L’allineamento delle risorse di marketing e di vendita deve essere intenzionale e richiede disciplina e uso della tecnologia da entrambi i lati. Non si può semplicemente impostare gli obiettivi e sperare che, nel perseguimento di quegli obiettivi complessivi, vendite e marketing, naturalmente, si allineino.
L’allineamento richiede che le funzioni operino insieme, usando dati, ricerca, analisi dei dati e la tecnologia per abilitare l’intero processo di vendita e vendere con successo.
Il social selling propone quindi non solo una evoluzione del tradizionale approccio alla vendita ma un salto di qualità nella organizzazione aziendale, una cambio non solo di passo ma di mentalità.
La fiducia e la collaborazione che si propongono all’esterno, verso i clienti, devono trovare una solida base nella gestione dei comportamenti interni alla propria azienda.
I vari comparti aziendali non devono essere in perenne competizione fra di loro; marketing e vendite devono produrre quell’allineamento di competenze, risorse, strumenti e collaborazione che sarà il nuovo paradigma della vendita nelle aziende di successo dei prossimi anni.
Abilitare questa mentalità, renderla trasparente e vederla applicata quotidianamente grazie all’uso di strategie e strumenti idonei è il ruolo che il social selling ed il sales enablement vogliono realizzare nella vostra azienda da domani.
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Vendere: commerciale o consulente?
Vendere: come Commerciale o come Consulente? Considerazioni sulla figura del venditore e la sua percezione in azienda e sul mercato.
Con il termine “ Commerciale “ si identifica da sempre una categoria di persone che sono preposte in una azienda alla promozione e vendita dei prodotti e dei servizi della azienda stessa.
Questo termine è in molte realtà, ancora oggi, usato in sostituzione della definizione di professionista della vendita, molto spesso sminuendone l’ambito ed il ruolo alla sola azione di promotore dei prodotti e servizi delle soluzioni societarie, con qualche qualifica aggiuntiva quale junior o senior o responsabile commerciale, salvo poi scoprire che il vero responsabile commerciale è il padrone dell’azienda.
Esistono ancora aziende che classificano l’azione del venditore solo come un mero portare a casa clienti e contratti e nulla più. Questo andava molto negli ultimi decenni del secolo scorso, e per certi versi, semplicisticamente, continua ancora.
Indipendentemente da queste valutazioni, la vita di un venditore professionista oggi si sviluppa su scenari e orizzonti molto più ampi.
La capacità di convincere e persuadere ad ogni costo viene soppiantata dalla ricerca di essere riconosciuti come una figura professionale esperta, alla pari del proprio interlocutore, non un semplice promotore fra i tanti ma un consulente qualificato e di fiducia.
Per essere percepiti come tali è necessaria una formazione attenta e continuamente allineata alle nuove metodologie e tendenze emergenti del proprio settore, conoscere e comprendere lo sviluppo dell’economia globale e calarlo nel contesto specifico in cui operano i clienti.
Oggi i veri venditori che applicano la vendita consultiva sono molto lontani dal riconoscersi solo come commerciali.
Sono in grado di evidenziare le aree di rischio della vendita prima di avviare iniziative sia in azienda che presso il cliente.
Al contrario di quello che i manager tradizionali temono maggiormente, amano il rischio e ne fanno un elemento di convivenza quotidiana. Dimostrare al cliente quali sono i maggiori rischi a cui va incontro e come prevenirli o evitarli è il miglior vantaggio competitivo che hanno a disposizione e sanno che questo fattore li caratterizza agli occhi del cliente come un consulente affidabile e sicuro.
Il rischio, il cambiamento, la crisi economica sono tutti elementi che possono demotivare o essere scuse per i commerciali ed i loro manager, il venditore consulente vede in essi delle nuove opportunità.
Se operate come venditori consulenti invece che come semplici commerciali, affrontate la verità, le sue difficoltà, ne circoscrivete l’ambito, estrapolando gli elementi e trasformandoli in opportunità. Se i clienti non riescono a vedere quanto siete diversi dagli altri, commerciali o concorrenti, forse… è solo perché non lo siete.
La vendita è cambiata e continuerà a variare negli anni a venire. Prima riuscite a cambiare il vostro modo in cui approcciate, da anni, la vendita prima inizierete ad essere al passo con il futuro.
E voi come operate nella vostra azienda come commerciali o come venditori consulenti ?
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Aggiornare le proprie convinzioni
Stavo discutendo con un amico in merito ad un saggio che recentemente avevamo letto entrambi. La discussione si è orientata ad individuare quale tipo di lettura lasci una “traccia” più marcata di altre. Per quanto mi riguarda sono attratto, come buona parte delle persone, dagli argomenti che conosco poco o per nulla dato che l’obiettivo, per la maggior parte del tempo che dedico alla lettura, è accrescere e ampliare le mie conoscenze. Una riflessione più attenta però mi ha reso chiara l’idea che i saggi che lasciano una “traccia” più marcata sono quelli che illustrano concetti che “credo” di conoscere, presentandoli in una prospettiva completamente diversa, alla quale non avevo lontanamente pensato. Questo “fattore illuminante” non è peculiare solo della lettura. Mi è successo spesso, come credo a molti, di osservare una fotografia scattata da un professionista che, da uno scorcio per me insignificante, traesse una bellezza o un’emozione particolari; il motivo non risiede tanto in attrezzatura o competenza, quanto nella capacità di “vedere” cose che io, purtroppo, non ho la sensibilità di vedere. Quindi alla domanda “quale lettura ti lascia una traccia significativa?” rispondo che è la lettura che mi presenta un concetto o un’idea che “credo” di conoscere bene, identificandone però aspetti nuovi e una prospettiva alternativa molto più azzeccata della mia.
Portando il ragionamento nell’ambito delle vendite devo rilevare che spesso questa situazione accade anche a livello professionale. Con clienti e colleghi ci confrontiamo su argomenti comuni a molte organizzazioni commerciali come, ad esempio: ricerca di nuovi clienti, previsione delle vendite, strategia di vendita, creazione del valore. Alcuni di noi, su questi temi, hanno idee così “cristallizzate” che non vengono minimamente messe in discussione o approcciate in modo diverso. Succede spesso che in aula mi senta dire “sì è vero, ma il nostro settore è diverso e funziona così”. Non dico che non sia vero, tutt’altro, ma almeno provare ad individuare un punto di vista alternativo, che ci possa far riflettere e darci qualche nuovo spunto relativo al nostro lavoro, credo possa portare qualche vantaggio. La “prova” di quanto dico emerge, ad esempio, durante i corsi ai quali partecipano persone di settori e mercati diversi. Quando si lavora insieme su un caso specifico che riguarda, per ipotesi, l’ambito manifatturiero, succede che qualche partecipante che lavora in un settore completamente diverso, fornisca un punto di vista o una visione del problema alternativa, alla quale gli altri non avevano pensato. Questo significa che mettere in discussione le nostre convinzioni radicate in ambito commerciale, anche se siamo “sul campo” da parecchi anni, ci può condurre a conclusioni e soluzioni più efficaci. Abbiamo un bagaglio enorme di conoscenze e competenze che, sottoposte a revisione, ci possono aiutare a consolidare la nostra esperienza. Inoltre dobbiamo considerare che il mondo delle vendite cambia velocemente e “aggiornare” i nostri punti di vista e le nostre convinzioni ci può dare nuovi spunti ed offrirci nuove opportunità, alle quali non avevamo pensato.
Domanda:
Qual è un aspetto fondamentale della tua competenza commerciale che puoi mettere in discussione e affrontare diversamente?
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Metodologie di vendita. Sì, ma il mio settore è diverso.
Chi ha avuto occasione di confrontarsi su metodologie e dinamiche di vendita con venditori che operano in settori diversi, potrà testimoniare che, indipendentemente dall’esperienza della persona, spesso, dopo alcune riflessioni sulla necessità di strutturare meglio le vendite molti concludono con la frase: ”Sì è vero, ma il mio settore è diverso!” per sottolineare che le metodologie funzionano in linea di massima ma non sono applicabili al loro settore specifico. Una dichiarazione isolata potrebbe far pensare che in effetti sia così; probabilmente la “teoria” della vendita della quale stiamo parlando non si adatta al settore specifico del nostro interlocutore. La statistica dice però un’altra cosa. Chi, per la propria professione, incontra un gran numero di venditori di settori diversi, può facilmente testimoniare che una frase simile viene citata con una frequenza notevole, indipendentemente dal settore di appartenenza dei venditori. E’ opinione diffusa che le leggi fondamentali della vendita valgano quasi sempre ma, per il proprio settore, valgano un po’ meno. Credo che questo approccio comporti alcuni svantaggi che un venditore dovrebbe evitare. Ritenere che le vendite del proprio settore siano regolate da dinamiche completamente diverse rispetto ad altri settori, porta l’attenzione su aspetti che sfuggono al controllo del venditore quali, ad esempio: i clienti che non apprezzano il nostro valore ma cercano solo il prodotto al prezzo più basso, i concorrenti che ingaggiano la guerra dei prezzi non avendo da offrire la nostra stessa qualità, la legislazione che impone regole specifiche, e così via. In questo modo il venditore pare che abbia poche leve per condurre la trattativa; e non avere la possibilità di influire significativamente sulle dinamiche di gestione di un’opportunità di vendita limita in modo pericoloso l’attività rendendola passiva e reattiva: terreno improbabile per un professionista della vendita. Un altro punto critico è rappresentato dal fatto che questo modo di pensare porta ad uniformarsi alla concorrenza e a non trovare differenziatori forti per contrastarla. Il cliente percepirà sia noi che i nostri concorrenti in modo molto simile e, più facilmente, baserà la propria scelta sull’unico differenziale evidente: il prezzo. Le dinamiche fondamentali che regolano le vendite sono le stesse in tutti i settori. E’ vero che ogni settore ha le proprie particolarità e i venditori eccellenti sono quelli che, nel proprio ambito, le sanno interpretare al meglio. E’ giusto riconoscere le differenze ma questo non ci deve relegare ad uno stato di “rassegnazione” nel quale pare sia inutile cercare approcci che possano aiutarci a concludere, con successo, le nostre vendite.
Un esercizio utile per uscire da questo “corto circuito” è quello di individuare chiaramente quali siano le variabili fondamentali delle nostre vendite come, ad esempio: il numero di interlocutori, il tempo medio di una vendita, i differenziatori forti e quelli deboli, la facilità ad accedere agli interlocutori, la struttura del processo di acquisto, e così via. Con queste informazioni potremmo incontrarci con uno o più venditori di altri settori e confrontare i rispettivi approcci e dinamiche. Questo esercizio ci può fornire subito due indicazioni utili. La prima è relativa a quali siano le dinamiche di vendita valide, indipendentemente dal settore nel quale si opera. La seconda riguarda tutti gli spunti utili, provenienti da venditori che affrontano una clientela diversa dalla nostra, che ci consentono di arricchire e innovare l’approccio ai nostri clienti abituali. Il confronto ci permette di uscire dalla nostra “zona di sicurezza” che spesso limita la nostra capacità di interpretare al meglio il nostro ruolo di professionisti della vendita.
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“Sales Transformation” …tra il dire e il fare…
Oggi credo che pochi non abbiano ancora capito, se non sperimentato direttamente, che la vendita non sia solo la “conseguenza” dell’offrire un buon prodotto al cliente, ma coinvolga altre leve fondamentali, fino ad oggi poco considerate. Si parla infatti di “Sales Transformation” facendo riferimento a tutte quelle competenze necessarie per raggiungere i risultati strategici e operativi desiderati; mi riferisco a: processi di vendita, sales management, infrastruttura tecnologica (CRM e SFA), coinvolgimento del top management, Forecasting, Key Account Management e così via. Poche settimane fa ho avuto l’occasione di parlare di processi vendita nell’ambito di un evento di due giorni rivolto al mondo industriale. L’evento in questione è TECO, che si sta affermando come il punto di riferimento per le aziende del comparto della meccatronica, dell’automazione e della trasmissione di potenza (www.tecomeeting.it). Il mio intervento, di una ventina di minuti, era intitolato: “Il processo di vendita come leva strategica”. Ci saranno state una cinquantina di persone di cui, per alzata di mano, circa la metà con responsabilità sulle vendite. Il punto d’attenzione dell’intervento verteva sul fatto che molte aziende del settore industriale implementano giustamente processi strutturati in aree specifiche quali la produzione o la logistica mentre, per quanto riguarda le vendite, non esiste, a livello generale, un’attenzione specifica nel considerarla un’attività che si possa strutturare in modo consistente. Questo è un quadro noto da tempo a chi si occupa di vendita professionale e sales management.
L’aspetto che voglio sottolineare però è un altro.
Durante la presentazione ho colto alcuni segni di approvazione; da deboli, tipo annuire come per dire: “E’ proprio vero, succede anche da noi”, a forti, con interventi diretti nei quali si afferma la necessità di rivedere totalmente l’approccio al cliente. Questo succede regolarmente sia in ogni intervento di questo tipo, sia durante i workshop svolti in azienda con la forza vendita al completo. Qual è la nota “stonata” in tutto ciò? La stonatura è che pur essendoci una sensibilità condivisa sul tema della vendita strutturata e, aggiungo, anche una notevole conoscenza di quali siano gli aspetti critici, in pochissimi passano dall’idea all’azione. Cosa frena un Sales Director o un imprenditore nell’individuare un processo sistematico e consistente che permetta di controllare le vendite in modo efficace? Le ragioni possono essere diverse ma ritengo che il motivo più comune sia questo: non aver chiaro cosa fare e come farlo e, dato che il tempo a disposizione è sempre poco, non agire.
Cosa potrebbe fare un Sales Leader che volesse rivedere e migliorare la modalità di approccio e gestione del cliente? Senza alcuna pretesa di sistematicità e/o completezza, data la portata del tema, proviamo ad individuare qualche spunto utile.
Creare un “team” per gestire un progetto di “Sales Transformation”
Il Sales Leader è colui che ha la responsabilità di portare i risultati di vendita e ha l’autorevolezza per cambiare “qualcosa” in azienda a livello di vendite. Il Sales Leader avrà il compito di organizzare un gruppo di lavoro (2/3 persone) che gestirà l’intero progetto di “Sales Transformation”.
Creare in azienda la consapevolezza che la vendita è un processo strutturato
Il primo passo del team è creare la consapevolezza in azienda che la vendita è un processo strutturato e non un’attività costruita su “episodi”. Questa consapevolezza deve essere evidente a tutta la catena del management dall’Amministratore Delegato ai venditori junior. Questa fase può essere gestita con incontri mirati e workshop brevi.
Verificare lo stato attuale della propria attività di vendita
Prima di iniziare a ridefinire il proprio processo di vendita è utile fare una fotografia dello stato attuale. Per fare questo si possono sottoporre alcune domande mirate a tutte le persone coinvolte nella vendita, in modo da avere un quadro chiaro di come sia percepita l’attività commerciale in azienda.
Definire gli obiettivi a 12 mesi e a 24 mesi
Verificato lo stato attuale, il team può definire quali siano i risultati desiderati dal processo di vendita nell’arco dei 12 mesi e dei 24 mesi. Dato che l’obiettivo è la creazione di un processo, è fondamentale definire quali siano i parametri con i quali possa essere controllato ed eventualmente modificato.
Identificare due aree sulle quali intervenire immediatamente
Una volta definiti gli obiettivi e le linee guida, è importante individuare due temi sui quali intervenire immediatamente. Questo creerà coinvolgimento e operatività fornendo il giusto “ritmo” all’andamento del progetto.
Creare una “roadmap” che permetta di specificare quali saranno i passi intermedi da raggiungere e quali strumenti e servizi saranno necessari
Il cammino per raggiungere gli obiettivi prefissati è impegnativo. E’ necessario mantenere sempre la giusta attenzione e il massimo impegno. Senza una “roadmap” che guidi l’intero processo, il progetto rischia di naufragare in breve tempo.
Ottenere il coinvolgimento di tutti i livelli aziendali
Il coinvolgimento di tutta l’azienda è fondamentale per il successo di un progetto di questo tipo. E’ importante che siano coinvolti tutti i livelli aziendali e non solo le persone direttamente interessate.
Comunicare
Per la riuscita del progetto la comunicazione svolge un ruolo fondamentale. Le persone in azienda devono “percepire” che si sta lavorando con impegno nel migliorare l’approccio al cliente. I venditori, ad esempio, devono sapere che acquisiranno nuove competenze, quando e come lo faranno e cosa succederà successivamente alle giornate di training. Occorre anche comunicare le attività e i risultati intermedi raggiunti.
Fare
Il problema spesso è che le idee rimangono sulla carta. Quando si parla di progetti poi è facile stendere documenti che rimangono solo ottime indicazioni. Non è necessario creare progetti oltre la portata dell’azienda. Meglio qualche idea chiara che possa essere realizzata in tempi accettabili e dia il giusto ritmo alle attività successive.
Queste sono indicazioni di base per avviare “in proprio” una revisione del processo di vendita e un progetto di Sales Transformation. E’ un’attività impegnativa e necessita di un alto grado di coinvolgimento. Gli sforzi profusi nell’attivare un processo di questo tipo sono ripagati però dal creare un valore aziendale rappresentato da una modalità di approccio al cliente consapevole e consistente in un mercato sempre più variabile e mutevole.
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“Modellare” i comportamenti di vendita che portano al successo
Alla fine dello scorso anno sono stati pubblicati i risultati della ricerca MHI Sales Best Practices condotta annualmente dal Miller Heiman Research Institute. L’obiettivo della ricerca è individuare quali siano i comportamenti positivi che caratterizzano le aziende che ottengono risultati di vendita eccellenti. Alcuni parametri di indagine sono, ad esempio: il numero delle opportunità di vendita qualificate, l’acquisizione di nuovi clienti, il fatturato medio per cliente, la crescita del numero di clienti rispetto all’anno precedente, il raggiungimento delle quote di vendita, l’esattezza delle previsioni, …
Lo studio è suddiviso in aree tematiche principali che identificano con chiarezza il campo d’azione delle strategie più adeguate per raggiungere un livello di vendita eccellente, sia quantitativo che qualitativo. Le aree tematiche sono:
- Generare opportunità di vendita: selezionare potenziali nuovi clienti e riuscire a contattarli, individuando le loro esigenze e qualificando le possibili opportunità di vendita.
- Gestire le opportunità di vendita: definire e attuare una strategia adeguata per le opportunità di vendita individuate e gestire il processo di vendita fino alla conclusione.
- Gestire le relazioni con i clienti: individuare, gestire e sviluppare i clienti strategici.
- Le persone e l’azienda: organizzare, reclutare, sviluppare e gestire una forza vendita efficace.
- La gestione operativa e le competenze: mettere a disposizione infrastrutture e programmi al fine di aumentare l’efficienza della forza vendita.
- Gestione della “execution”: orientamento uniforme dell’azienda all’interpretazione e alla gestione dei risultati per promuovere i comportamenti positivi essenziali per il successo.
Una delle riflessioni principali che nasce dalla lettura dello studio è relativa alla capacità di alcune organizzazioni di “modellare” i comportamenti positivi che portano al successo. Molte organizzazioni sono composte da persone notevoli, capaci e con idee brillanti, possiedono i mezzi tecnologici e organizzativi per poter eccellere, ma non riescono nel loro proposito. Cosa manca loro? Probabilmente manca la capacità di individuare, modellare e replicare i comportamenti positivi. Questa capacità è uno degli aspetti che caratterizzano l’eccellenza. Spesso ci si basa su caratteristiche individuali senza riuscire a replicarne l’efficacia su altre persone; l’approccio ad un potenziale cliente è guidato spesso da un processo sommario e poco strutturato e, quel che è peggio, quando lo si cerca di strutturare lo si “ingessa” e lo si automatizza eccessivamente producendo risultati sotto le aspettative.
Cosa si può fare? Una ricetta per tutte le situazioni non esiste; ognuno deve crearsi la propria. Si può prendere spunto dallo studio MHI sulle Sales Best Practices per individuare alcune aree sulle quali concentrare l’attenzione e verificare come la nostra azienda si comporta in ogni area. Ad esempio, si può coinvolgere il team di vendita per individuare “cosa funziona” e “cosa non funziona” per definire quali siano i comportamenti che, più facilmente, ci portano al successo. L’esito di questa semplice attività può riservare risultati inaspettati e positivi; individuare un’ora o due durante un sales meeting per un esercizio di questo tipo crea coinvolgimento, riflessioni e idee sulle quali lavorare per iniziare a creare un processo di vendita molto più consapevole ed efficace.
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Sappiamo valutare quanto progrediscano le opportunità di vendita ?
Nel mondo delle vendite complesse B2B ogni vendita implica molteplici interazioni con diversi interlocutori. Alcune interazioni hanno una natura operativa, in quanto necessarie per la gestione dell’opportunità di vendita, mentre altre sono più strategiche e permettono di far progredire la vendita verso un epilogo positivo.
I meeting con uno o più interlocutori sono le interazioni che ci consentono sia di apprendere di più sul contesto del cliente, sia di allinearci a lui con la nostra proposta.
Un aspetto che emerge spesso dalle discussioni con i venditori riguarda la capacità di capire se una trattativa stia progredendo oppure no. Ognuno ha i propri parametri, principalmente dettati dell’esperienza: da quelli più oggettivi sul comportamento dell’interlocutore a quelli basati su “sensazioni positive” che suggeriscono un epilogo positivo per il venditore.
Quali sono quindi i “segnali” che ci indicano quando una vendita stia progredendo?
Una riflessione utile è quella di pensare alle vendite passate che si sono concluse positivamente per noi. Quale tratto caratteristico le accomuna? Quasi sempre, in quelle situazioni, l’interlocutore non ha solo “detto” qualcosa che ci ha dato l’impressione che la trattativa progredisse, ma ha “fatto” qualcosa che facesse progredire realmente la vendita. Può averci introdotto presso un nuovo interlocutore, magari con un potere decisionale maggiore, può aver fornito prontamente un feedback un merito ad un prodotto che ha provato, ci può aver fornito informazioni critiche per noi determinanti: in ogni caso ha “fatto” qualcosa di concreto.
Se analizziamo le trattative che non si sono concluse positivamente per noi vediamo che gli interlocutori non hanno “agito” per far progredire la trattativa. Magari ci hanno inviato messaggi positivi e incoraggianti, o noi li abbiamo intesi come tali, ma non hanno compiuto alcuna azione concreta.
Cosa possiamo fare quindi per avere il polso della situazione su una vendita specifica?
Possiamo valutare cosa gli interlocutori facciano realmente; ciò che fanno deve costare loro qualcosa in termini di risorse e di impegno.
Questo è un metodo efficace per valutare due cose:
- la prima, come abbiamo detto, è il grado di avanzamento della vendita
- la seconda è la valutazione dell’interlocutore dal punto di vista del suo potere e coinvolgimento nella vendita.
Cosa possiamo fare per far sì che l’interlocutore compia un’azione che ci permetta di chiarire questi due aspetti?
Dobbiamo chiederlo. Ogni meeting con un interlocutore si deve concludere con la richiesta di un suo impegno nel fare qualcosa, ovviamente utile per far progredire la vendita e allineato al suo livello di autorità.
E se l’interlocutore non fa nulla?
Questo è un indice di come “realmente” sta procedendo la vendita e del livello di autorità o di coinvolgimento dell’interlocutore. Ci consente, almeno, di aumentare la nostra consapevolezza sulla quella vendita in modo da poter individuare strategie alternative prima che sia troppo tardi.
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Il valore del training dedicato alla vendita
Mi confronto spesso con direttori vendite e venditori, in merito al valore che l’azienda e i partecipanti ricavino da un’esperienza di training del team di vendita. Emerge un’attenzione eccessiva alle giornate di training come se fossero l’unica fonte del valore ottenibile. Le giornate di training sono ovviamente il fulcro centrale di un’esperienza di formazione, ma ci sono altre componenti che ne determinano l’efficacia complessiva.
Preparare il terreno
Un’organizzazione che affronta un training strutturato del team di vendita, mira a modificare l’approccio nei confronti dei propri clienti per ottenere risultati migliori. Modificare l’approccio e i comportamenti necessita: motivazione, consapevolezza e coinvolgimento da parte di tutti i livelli dell’organizzazione. Il management deve essere il principale sponsor di un’iniziativa di questo tipo e, a cascata, le persone coinvolte devono essere consapevoli di cosa si voglia ottenere da un investimento, non solo economico, di questo tipo.
Un metodo efficace per creare questa condizione di coinvolgimento è quello di creare un “progetto”. Il progetto avrà lo scopo di implementare il nuovo approccio al cliente e sarà gestito da un team costituito da alcune delle persone coinvolte nella gestione del cliente. Il team, oltre all’organizzazione della sessione di training e alla predisposizione della logistica di supporto, deve creare un “piano di comunicazione” che illustri, sia alle persone di vendita che a quelle appartenenti ad altre aree aziendali interessate, le varie fasi del progetto, gli scopi e le modalità operative in modo da informare e creare la giusta attenzione.
Il training deve essere percepito come un evento aziendale di estrema importanza, come in effetti è. I partecipanti devono arrivare alla sessione preparati al meglio in modo da ottenere il massimo beneficio possibile. Il team di progetto deve coinvolgere il trainer per predisporre materiali e indicazioni chiare, affinché ogni partecipante si possa preparare e avere la consapevolezza del lavoro che dovrà svolgere in aula.
Training
Il momento del training, se preparato adeguatamente, poggerà sul terreno adatto per essere molto efficace. I partecipanti saranno preparati in modo adeguato e avranno le giuste aspettative. Questo eviterà di avere in aula persone che non sappiano “perché sono lì”, o persone che non attribuiscano il giusto valore alle giornate di formazione. I partecipanti sapranno inoltre che l’azienda si è impegnata per preparare il momento di formazione al meglio perché lo considera un investimento: su di loro.
I partecipanti, alla fine del corso, sapranno cosa ci si aspetta da loro e quali strumenti e linee guida avranno a disposizione per implementare al meglio quanto appreso. Se non si prevedono i passi successivi e non si forniscono indicazioni chiare su cosa succederà dopo, si rischia di disorientare persone che hanno partecipato attivamente e sono motivate ad adottare nuovi comportamenti.
Consolidare le competenze
Se al training non segue una fase nella quale si consolidino le competente acquisite, si rischia di vanificare lo sforzo compiuto. Il management deve seguire con attenzione questa fase per contribuire alla motivazione necessaria per utilizzare le nuove metodologie. Si potranno, ad esempio, individuare dei momenti specifici all’interno dei sales meeting per affrontare alcuni temi visti durante il corso e si potranno esaminare casi specifici con mini-workshop che vedano coinvolto tutto il team di vendita. Inoltre, per quanto riguarda l’acquisizione del valore aziendale che deriva dall’applicazione delle metodologie, può essere utile raccogliere le best practice in modo da creare un riferimento utile e condiviso relativo a ciò che funziona meglio nell’approccio e nella gestione del cliente.
Misurare i risultati
Misurare quali siano stati i benefici del training è un obiettivo prioritario. L’analisi dei dati che scaturiscono dalla misurazione ci può fornire un feedback importante in merito a quanto sia stato produttivo l’investimento, a quali aspetti abbiano migliorato della nostra azione commerciale e a quali siano le aree sulle quali dobbiamo ancora lavorare. I KPI più significativi li possiamo individuare sia nella sfera quantitativa (incremento di trattative chiuse con successo, tasso di conversione offerte/chiusure, …), sia nella sfera qualitativa (corrispondenza con il profilo del cliente ideale, velocità di avanzamento del processo di acquisto, aderenza ai parametri di qualificazione, …).
Il valore, più che nel training specifico, risiede nelle fasi precedenti e successive al training stesso. Sono le fasi che permettono di coinvolgere e motivare le persone che devono poi tradurre l’investimento complessivo in opportunità vinte e relazioni efficaci con i clienti.
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La vendita come processo: liberi di fare o liberi di “poter” fare?
Spesso i venditori hanno idee contrastanti in merito a processi e metodologie di vendita. Chi opera in aziende che hanno implementato processi di vendita strutturati ne riconosce l’efficacia e, probabilmente, non potrebbe lavorare diversamente; altri, invece, sono restii a riconoscerne la validità perché pensano che un processo di vendita strutturato “limiti” la capacità di analisi, la creatività e le qualità individuali del venditore. Credo che quest’ultima visione nasca da un’interpretazione restrittiva e limitante del significato di processo. Nelle vendite, come in tutte le altre attività aziendali, si devono raggiungere degli obiettivi grazie ad una serie di attività pianificate con attenzione che lascino, ovviamente, la possibilità di gestire imprevisti o di cogliere opportunità. Se, ad esempio, la produzione di un’azienda è pianificata in base alle previsioni di vendita e, per un fattore contingente, si palesa l’opportunità di vendere una quantità decisamente superiore di merce, si tenterà di cogliere l’opportunità modificando il programma di produzione, per quanto possibile, in modo da rispondere con efficacia alla richiesta. Ovviamente si considereranno tutti gli aspetti critici per evitare un collasso del sistema produttivo o qualche altro problema serio. Si può agire in questo modo perché è in essere un “processo” produttivo che può essere controllato, gestito e quindi variato consapevolmente per ottenere la massima efficacia.
Nelle aziende dove le vendite sono governate esclusivamente dalle individualità e non da un processo condiviso dal team, i risultati di vendita sono definiti dalla somma dell’apporto di ogni venditore, senza poter prevedere come l’intero team di vendita possa essere più efficace e sfruttare al meglio tutte le opportunità a disposizione.
I punti deboli di questo approccio sono diversi: la difficoltà di condividere le competenze tra le persone, la scarsa efficacia nel gestire le vendite in team, la differenza sostanziale nella valutazione delle previsioni di vendita, la difficoltà nell’individuare quali siano le aree di miglioramento, la difficoltà di individuare benchmark di riferimento, solo per citarne alcuni.
La definizione di un processo condiviso per creare e gestire le opportunità di vendita consente invece di ottenere benefici notevoli come, ad esempio: maggior semplicità nel raccogliere e condividere le best practice, maggiore efficacia nella gestione in team di trattative complesse, accuratezza delle previsioni di vendita perché basate su un processo e su dati oggettivi e non su sensazioni e parametri individuali.
Come accennato all’inizio alcuni venditori attribuiscono a questo approccio la valenza negativa di uniformare l’approccio alla vendita e renderla meno creativa. Questa visione nasce, a mio avviso, da un’incomprensione di fondo. Prendiamo ad esempio il processo di gestione di una opportunità di vendita. E’ un processo che definisce la piattaforma organizzativa, i metodi, le risorse e le attività grazie a cui si gestisce una vendita, dalla creazione alla chiusura. Fondamentalmente permette a chiunque di sapere quali siano i punti di attenzione, di capire il processo di acquisto del cliente, di posizionarsi correttamente in base alla fase nella quale si trova l’opportunità dove il “chiunque” è ogni venditore del team di vendita, nessuno escluso. Qual è il vantaggio in questo caso? Che ognuno sia consapevole cosa deve essere fatto e quali siano i punti critici da tenere presenti per evitare di spendere tempo su opportunità mediocri e potersi quindi concentrare su quelle che, oggettivamente, presentano una probabilità di successo maggiore. In poche parole il processo deve aiutare a creare consapevolezza di ciò che si sta facendo e di come si stanno impiegando le risorse. Questo significa togliere creatività e individualità alla vendita? Niente affatto. L’individualità, la capacità del venditore “senior” e l’intuizione del “top performer” rimangono intatte e si manifestano nel “come” viene gestito il processo. Sapere “cosa” devo fare, e leggere oggettivamente le informazioni a mia disposizione, è un aspetto importante del processo; un altro aspetto però è aggiungere qualità alle mie azioni, avere la sensibilità per capire chi ho di fronte, porre domande che inducano il cliente a ritenere di essere di fronte ad un professionista di alto livello e non ad un venditore di prodotti a catalogo.
Un processo, invece di limitare, offre più libertà sia al professionista navigato che al venditore con meno esperienza. Al primo offre una piattaforma per affermare la propria eccellenza e gli consente di contribuire significativamente al miglioramento e all’implementazione della metodologia, al secondo offre la libertà di “poter affrontare” vendite impegnative, avendo la sicurezza di potersi muovere con la consapevolezza di sapere quali debbano essere le azioni da fare e quali siano i punti di attenzione da considerare, sapendo che, quando si rendesse necessario, potrebbe chiedere supporto al sales manager o ai colleghi con più esperienza “sul campo”, illustrando loro, con chiarezza ed in modo oggettivo, lo stato dell’opportunità.